Raramente ci si occupa della prevenzione dei rischi in alcune tipologie contrattuali lavorative come il lavoro a domicilio, in cui la prestazione è resa al domicilio del lavoratore o in locali di cui il lavoratore abbia la disponibilità, o il telelavoro.
Fenomeno, quest’ultimo, complesso, e - come ricordato nell’indagine “ Lavoro in ambiente domestico, telelavoro e lavoro a progetto: linee guida e buone prassi per la prevenzione dai rischi, anche in chiave comparata, alla luce della riforma del mercato del lavoro in Italia” – contrassegnato dall’impiego di tecnologie informatiche e telematiche, dall’indipendenza dall’ufficio e dalla possibilità di rimanere in comunicazione, grazie alle reti, con il datore di lavoro, i superiori ed i colleghi.
Soffermandoci in particolare sul lavoro a domicilio quali sono le tutele per il lavoratore e le responsabilità del datore di lavoro?
A rispondere parzialmente a questa domanda è intervenuto l’Interpello n. 13/2013 del 24 ottobre 2013 in risposta da un quesito posto alla Commissione per gli interpelli - prevista dall’articolo 12 comma 2 del Testo Unico in materia di salute e sicurezza nel lavoro – dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri (CNI). Quesito che si sofferma in specifico sull’obbligo di formazione, informazione ed addestramento per i lavoratori a domicilio.
Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha avanzato istanza di interpello per sapere “se per i lavoratori a domicilio, che risultano dipendenti di un'azienda, ma che hanno come luogo di lavoro la propria abitazione, il datore di lavoro debba .fornire a proprie spese tutta l'informazione, la formazione e l'addestramento previsto per i lavoratori dal D.Lgs. n. 81/2008, in particolare la formazione prevista dai recenti accordi Stato-Regioni e la formazione per addetto al primo soccorso e addetto all'antincendio”.
Inoltre il CNI chiede alla Commissione se l'abitazione del lavoratore “sia da considerarsi a tutti gli effetti un luogo di lavoro, cosi come definito dal D.Lgs. n. 81/2008, e debba pertanto essere oggetto di valutazione dei rischi, da parte del datore di lavoro”.
A questo proposito la Commissione fa alcune distinzioni e ricorda quanto indicato dalla normativa.
Il lavoro a domicilio infatti “può essere reso sia in forma subordinata sia in forma autonoma”.
È da ritenersi in forma subordinata “nei casi in cui il lavoratore é tenuto ad osservare le direttive dell'imprenditore circa le modalità di esecuzione, le caratteristiche ed i requisiti del lavoro da svolgere”.
Il vincolo di subordinazione non sussiste invece “qualora il lavoratore a domicilio organizzi e conduca il lavoro in maniera autonoma”.
Inoltre dal punto di vista della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, l'art. 3, comma 9, del Decreto legislativo 81/2008 prevede che "fermo restando quanto previsto dalla legge 18 dicembre 1973, n. 877, ai lavoratori a domicilio ed ai lavoratori che rientrano nel campo di applicazione del contratto collettivo dei proprietari di fabbricati, trovano applicazione gli obblighi di informazione e formazione di cui agli articoli 36 e 37. Ad essi devono inoltre essere forniti i necessari dispositivi di protezione individuali in relazione alle effettive mansioni assegnate. Nell'ipotesi in cui il datore di lavoro fornisca attrezzature proprie, o per il tramite di terzi, tali attrezzature devono essere conformi alle disposizioni di cui al Titolo III”.
Ciò premesso la Commissione fornisce le seguenti indicazioni.
La Commissione ritiene che il datore di lavoro è “tenuto a fornire un'adeguata informazione e formazione nel rispetto di quanto previsto dall'accordo Stato-Regioni del 21/12/2011 e non anche quella specifica per il primo soccorso e antincendio”.
Inoltre “il domicilio non è considerato luogo di lavoro, ai sensi dell'art. 62 del D.Lgs. n. 81/2008”.