Aspettando il nuovo accordo sulla Formazione per la Sicurezza sul lavoro, quali sono gli obblighi formativi per le aziende.
Esistono obblighi importanti a carico delle aziende sulla formazione di tutti i soggetti coinvolti in ambito di salute e sicurezza sul lavoro. In materia, il legislatore ha richiesto a più riprese di modificare gli attuali accordi attuativi della presente normativa in modo da rendere questo obbligo di legge una concreta misura di prevenzione che attenui notevolmente i rischi correlati alle mansioni svolte. Le imprese sono, infatti, in attesa di nuove indicazioni che saranno emanate con un futuro accordo della Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano. In attesa del prossimo intervento quali regole devono applicare le aziende? Quali sono le novità in arrivo?
La formazione è un procedimento attraverso cui si trasferiscono nozioni, conoscenze, procedure operative che permettano ai soggetti di acquisire le corrette metodologie di lavoro, di comprendere le conseguenze di un comportamento inadeguato, di apprendere quali siano le responsabilità delle diverse figure di sicurezza, nonché di far proprie modalità efficaci e puntuali di comunicazione all’interno di una organizzazione lavorativa.
È indubbio che la formazione sia una delle fonti primarie di prevenzione a tutela della salute e della sicurezza perché è proprio attraverso la conoscenza e la consapevolezza di ognuno che si possono raggiungere alti livelli a garanzia dell’incolumità psico-fisica dei lavoratori.
È fondamentale che questo processo sia continuo nel corso della vita lavorativa, garantendo una crescita non solo professionale ma a più ampio spettro.
Per cui, sarebbe essenziale che i soggetti obbligati a provvedere alla formazione del proprio personale e gli stessi destinatari non percepissero questo adempimento solo come un impegno formale, ma come un effettivo momento di crescita per tutta l’azienda.
Attuali obblighi formativi per le aziende
In ogni azienda il datore di lavoro deve provvedere alla formazione di tutti i soggetti interni alla propria organizzazione.
Per cui è necessario formare preventivamente i lavoratori prima di adibirli alle proprie mansioni, con una formazione sui rischi generici di 4 ore ed una formazione specifica la cui durata varia (4, 8 o 12 ore) a seconda non solo dell’attività svolta dall’azienda (identificata dal codice AT.ECO), ma anche in base ai rischi correlati alle effettive mansioni dei singoli. Per cui gli operai di un’impresa edile svolgeranno la formazione specifica a rischio elevato, mentre un impiegato della medesima impresa senza accesso ai cantieri, potrà svolgere una formazione correlata al rischio basso per attività d’ufficio.
Tutti i lavoratori devono inoltre procedere ad aggiornamenti periodici di 6 ore indipendentemente dall’attività svolta entro il quinquennio, preferendo degli incontri formativi diluiti in tale arco di tempo piuttosto che attivarsi a ridosso della scadenza.
Il dirigente (alla sicurezza) deve svolgere una formazione iniziale di 16 ore ed aggiornamenti quinquennali di 6 ore, mentre per il preposto nella precedente normativa (poi modificata nel 2021) si prevedeva una formazione aggiuntiva, rispetto a quella dei lavoratori, di 8 ore ed aggiornamenti quinquennali di 6 ore.
Ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza è riservato un percorso formativo iniziale di almeno 32 ore, salvo che i CCNL di appartenenza non prevedano durate differenti. L’aggiornamento è annuale di 4 od 8 ore a seconda che l’azienda abbia dimensioni tra i 15 ed i 50 oppure superiori ai 50 lavoratori.
La formazione di lavoratori, dirigenti e preposti impone anche una verifica dell’apprendimento di quanto impartito a conclusione del percorso formativo, in modo da riscontrare che effettivamente le nozioni siano state acquisite dai discenti.
I lavoratori deputati alle attività di prevenzione incendi, di evacuazione, di salvataggio e primo soccorso sono suddivisi, appunto, tra addetti al primo soccorso ed addetti antincendio. Nel loro caso la normativa è dettata da decreti ministeriali, differenti rispetto agli Accordi della Conferenza permanete Stato, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano.
Gli addetti al primo soccorso per svolgere il loro incarico devono procedere ad una formazione iniziale di 12 o 16 ore in base all’attività svolta ed al numero di lavoratori e, conseguentemente, l’aggiornamento triennale è di 4 o 6 ore.
Per gli addetti al servizio antincendio, come sono stati identificati dalla recente normativa che ha cambiato le regole sulla loro formazione, si prevede anche per i livelli più basso di rischio una preparazione non solo teorica ma anche pratica con l’uso almeno dell’estintore portatile. Per cui, i livelli di rischio basso (oggi definiti livello 1) debbono svolgere un percorso formativo iniziale di 4 ore ed aggiornamenti di 2 ore, mentre le aziende identificate con livelli di rischio medio (livello 2) hanno obblighi iniziali di 8 ore e aggiornamenti di 5 ore e le aziende con livello di rischio alto (livello 3) devono procedere con una formazione di 16 ore con esame tecnico presso i VV.F ed aggiornamenti di 8 ore. Gli aggiornamenti per tutte le figure sono quinquennali.
Quali sono le modifiche attese
La principale modifica normativa è stata introdotta nel corso del 2021 prevedendo una formazione obbligatoria per tutti i datori di lavoro e non solo per coloro che svolgano l’incarico di R.S.P.P. Questa è una prescrizione che avrà grossi impatti sulle attività formative di tutte le aziende, indipendentemente dalle dimensioni. Nella pratica però non è ancora applicabile in quanto mancano totalmente le indicazioni sulle modalità operative che dovranno essere stabilite con un nuovo accordo della Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano.
Ulteriore variazione riguarda l’aggiornamento dei preposti che passa da quinquennale a biennale. Tale previsione è inserita nel D.Lgs. n. 81/08 e può già essere attuata, in quanto non necessita di ulteriori specifiche. È possibile però che la Conferenza preveda all’interno del prossimo accordo un numero di ore differenti rispetto alle attuali 6 ore (quinquennali).
In generale però l’atto della Conferenza è molto atteso in quanto avrà il compito di accorpare e rivedere gli attuali accordi in materia di formazione dei lavoratori, dei loro rappresentanti e di tutte le figure che hanno obblighi e relative responsabilità inerenti la salute e la sicurezza all’interno delle organizzazioni lavorative.
Inoltre, il prossimo accordo dovrà definire nuove modalità di verifica dell’apprendimento, compresa l’efficacia durante lo svolgimento dell’attività lavorativa e, pertanto, successivamente alla conclusione del corso frequentato.
In ultimo, con le recenti modifiche del decreto Lavoro (D.L. n. 48/2023) e della relativa legge di conversione (L. n. 85/2023), si è previsto che il futuro accordo dovrà individuare modalità attuative per un monitoraggio e controllo delle attività formative. Tale accertamento dovrà essere eseguito sia dai soggetti eroganti che dai destinatari e, pertanto, da parte delle aziende stesse in modo da evitare comportamenti elusivi della normativa attraverso la realizzazione di attestati non corrispondenti alla effettiva formazione eseguita.
Fonte: IPSOA
L’accordo quadro europeo sullo stress nei luoghi di lavoro, siglato nel 2004, definisce formalmente lo stress lavoro-correlato come "una condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale [...] conseguenza del fatto che alcuni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o alle aspettative riposte in loro". Lo stress lavoro-correlato è associato a costi molto elevati, tanto dal punto di vista individuale - salute fisica, psicologica e relazionale - che in ottica organizzativa. Si stima che fenomeni associati allo stress quali assenteismo, turnover e infortuni sul lavoro arrivino a costare alle economie europee fino a 20 miliardi di euro ogni anno. Ai costi facilmente riconducibili allo stress bisogna affiancare una lunga serie di costi nascosti e intangibili, che a lungo termine rischiano di avere un impatto significativo su reputazione, pubbliche relazioni, attrattività aziendale e clima organizzativo. Ne consegue la cruciale importanza di implementare interventi strategici per identificare e gestire le fonti di stress in ambito lavorativo. Feilder, Yarker e Lewis hanno proposto un modello che si concentra su una dimensione spesso trascurata nella trattazione teorica di riferimento: il Comportamento Manageriale Positivo (CMP).
Stress lavoro-correlato e comportamento manageriale: due facce della stessa medaglia
Il comportamento dei manager influenza significativamente il modo in cui collaboratori e collaboratrici sperimentano lo stress. Secondo il modello di Feilder, Yarker e Lewis, il manager può causare (o prevenire) la sua comparsa attraverso il proprio comportamento, può lavorare per ridurlo e progettare soluzioni concrete e può scegliere di agire per moderare l’impatto dell’ambiente di lavoro sulle persone. Tipicamente, il manager riceve formazione poco approfondita in materia di stress e di stress lavoro-correlato. Di conseguenza, secondo gli autori, le aziende corrono il rischio che la gestione dello stress di collaboratori e collaboratrici sia svuotata della sua importanza e percepita semplicemente come uno - tra i tanti - compiti manageriali. Il modello del Comportamento Manageriale Positivo (CMP) intende fornire indicazioni pratiche atte a sviluppare un approccio manageriale che sia in grado di prevenire lo stress lavoro-correlato e, al contempo, promuovere un ambiente positivo. La ricerca di Feilder, Yarker e Lewis ha permesso di individuare quattro competenze gestionali per la gestione ottimale dello stress in ambito lavorativo.
● Competenza gestionale 1) rispettoso e responsabile: gestire le emozioni e avere integrità
● Competenza gestionale 2) gestire e comunicare il lavoro esistente e quello futuro
● Competenza gestionale 3) gestione del singolo all’interno del team
● Competenza gestionale 4) comprensione e gestione delle situazioni difficili
Ogni competenza è associata a diversi esempi di comportamento manageriale positivo, illustrati nei paragrafi di seguito.
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Competenza 1. Rispettoso e responsabile: gestire le emozioni e avere integrità
La prima competenza gestionale si compone di tre dimensioni: integrità, gestione delle emozioni e approccio rispettoso. Per integrità si intende la coerenza tra i comportamenti agiti dal manager e i principi etico-morali in cui crede. Agire con integrità implica assumersi le proprie responsabilità, coltivare la comunicazione con collaboratori e collaboratrici ed evitare favoritismi e personalismi. La gestione delle emozioni consiste nella capacità di mantenere costante il proprio stile manageriale attraverso i diversi stati d’animo sperimentati. Questa dimensione è di importanza fondamentale, nella misura in cui il manager trasmette facilmente le proprie emozioni a collaboratori e collaboratrici. Gestire in modo adeguato le emozioni permette di rimanere calmi di fronte a situazioni impreviste, non mostrarsi destabilizzati da ansia e stress e non esporre i collaboratori a comportamenti ostili, siano essi verbali e non. L’approccio rispettoso si riflette nella capacità di interfacciarsi con rispetto verso i collaboratori. Per gli autori si tratta di un principioguida, che deve orientare i manager in tutti i comportamenti. Sono esempi di approccio rispettoso la preoccupazione per collaboratori e collaboratrici, il riconoscimento dei loro sforzi e la flessibilità mostrata nel rapporto quotidiano con loro.
Competenza 2. Gestire e comunicare il lavoro esistente e quello futuro
Anche la seconda competenza gestionale è suddivisa in tre dimensioni: gestione proattiva del lavoro, problem solving, partecipazione ed empowerment.
La gestione proattiva del lavoro consiste nella capacità di anticipare una situazione futura al fine di organizzare il lavoro del team. Adottare un comportamento proattivo significa comunicare con chiarezza gli obiettivi da raggiungere, sviluppare piani d’azione a lungo termine e incoraggiare il team a controllare l’organizzazione del lavoro. La capacità di problem solving è riflessa dal comportamento mostrato dal manager quando il team deve superare un ostacolo. Dal punto di vista organizzativo,agire in modo efficace dinanzi ad un problema implica affrontarlo con anticipo, suddividerlo in vari step, incoraggiare il team ad interfacciarsi con il problema e comunicare apertamente l’eventuale impossibilità di risolverlo. Agire in una prospettiva di partecipazione ed empowerment significa mettere in atto comportamenti che promuovano la partecipazione dei dipendenti e li responsabilizzino. Stabilire riunioni periodiche di confronto, garantire autonomia ai componenti del team e valorizzarne le opinioni sono esempi di comportamento manageriale virtuoso.
Competenza 3. Gestione del singolo all’interno del team
competenza gestionale sono accessibilità personale, socievolezza e coinvolgimento empatico. Essere accessibile dal punto di vista personale coincide con la capacità di mostrarsi avvicinabile dai propri collaboratori. Un manager accessibile tende a preferire la comunicazione faccia a faccia, creare un clima agevole e costruire degli spazi informali di scambio. La socievolezza è la capacità di mostrare comportamenti amichevoli e guadagnare la fiducia del team. Essere disposti a chiacchierare con il team, condividere le pause pranzo e partecipare agli eventi permette al manager di mettersi in contatto con collaboratori e collaboratrici. Il coinvolgimento empatico si identifica con la capacità di “trasportarsi in modo immaginario nei pensieri, sentimenti e azioni di un’altra persona”. Farsi promotori della diversità e non dare per scontato il benessere altrui permette al manager di modificare il proprio punto di vista e valorizzare appieno l’altro.
Competenza 4. Comprensione e gestione delle situazioni difficili
La quarta e ultima competenza gestionale si compone delle seguenti dimensioni: gestione del conflitto, utilizzo delle risorse organizzative e assunzione di responsabilità nella risoluzione dei conflitti. Il conflitto è tra le maggiori cause di stress lavoro-correlato. Per un manager, la capacità di intervenire e gestire il conflitto all’interno del team in modo equo e rapido è di cruciale importanza. Gestire in modo efficace il conflitto significa saper fungere da mediatore super partes, intervenire prima che le discussioni degenerino e accompagnare le due parti nel raggiungimento di una soluzione condivisa. L’efficace utilizzo delle risorse organizzative permette di non essere isolati nella gestione di situazioni difficili. Tra le risorse potenzialmente a disposizione figurano l’ufficio risorse umane, i consulenti di medicina del lavoro o per la salute e sicurezza e gli eventuali programmi di assistenza ai dipendenti. Assumersi la responsabilità nel risolvere i conflitti implica ammettere il problema, supportare i collaboratori e monitorare il loro stato d’animo anche in seguito alla risoluzione del conflitto che li ha visti coinvolti.
Comportamento Manageriale Positivo e implicazioni organizzative
Il Comportamento Manageriale Positivo (CMP) trova diverse applicazioni in ambito organizzativo. In particolare, secondo Feilder, Yarker e Lewis è possibile ragionare su tre livelli di applicazione. Il primo livello riguarda l’adozione dell’approccio CMP all’interno di tutte le pratiche organizzative chiave: valutazione e gestione della performance, selezione, valutazione e sviluppo del management, gestione del benessere organizzativo. Il secondo livello concerne l’utilizzo dei criteri CMP nei momenti di feedback e diagnosi organizzativa: survey periodiche, analisi di clima, valutazione dal basso e valutazione 360°. Il terzo livello di applicazione riguarda le occasioni di apprendimento e formazione manageriale, in cui promuovere sviluppo, ricerca attiva e adozione di comportamenti manageriali in linea con l’approccio CMP.
Fonte: Puntosicuro
ADR (trasporto merci pericolose su strada): è uscito in Gazzetta Ufficiale il tanto atteso testo del D.M. 07 agosto 2023
Modifiche rilevanti rispetto ai precedenti testi legislativi portano maggior luce ed attenzione alla figura del Consulente: le novità riguardano le imprese che svolgono attività di spedizione o trasporto, oppure una o più delle connesse attività di imballaggio, carico, riempimento oppure scarico, di merci pericolose su strada.
Le seguenti novità NON sono valide per le merci di classe 7 (radioattivi).
1. PARAMETRI DI ESENZIONE
Sono esenti le imprese succitate che:
- rientrano nei casi previsti dall'ADR;
- utilizzano le Disposizioni Speciali di ADR 3.3 che prevedono esenzione dalla normativa;
- rispettano le condizioni di esenzione per le merci pericolose imballate in quantità limitate (LQ - ADR 3.4) e/o in quantità esenti (EQ - ADR 3.5);
- rispettano le condizioni di esenzione per le merci pericolose in quantità limitate per unità di trasporto (ADR 1.1.3.6) con un limite di 24 operazioni/anno e 3 operazioni/mese;
- trasporti alla rinfusa: solo merci di gruppo di imballaggio III (o categoria di trasporto 3 o 4) con un limite di 12 operazioni/anno e 2 operazioni/mese, nonché 50 t/anno;
- sono configurate come destinatari finali di tali merci.
Vengono quindi modificati i precedenti limiti, eliminando le 180t/anno e reimpostando i limiti di esenzione.
2. OBBLIGHI PER L'IMPRESA CHE BENEFICIA DELL'ESENZIONE DALLA NOMINA
- tenuta di un registro interno ove annotare le movimentazioni, per ogni anno solare, con i seguenti dati: data, classificazione, identificazione ADR, tipologia di imballaggio, quantitativo netto. Questo registro va conservato per 5 anni;
- verifica puntuale delle condizioni di esenzione;
- formazione costante secondo quanto previsto in ADR 1.3 (formazione biennale), da registrare e conservare per 5 anni;
- in caso di incidente, deve essere redatta una relazione di incidente in conformità ad ADR 1.8.5.4 e deve essere citata la condizione di esenzione dell'impresa.
Fonte: www.valentinaciocchetti.it
Nuovo Codice della Strada: approvato in Consiglio dei Ministri il testo definitivo del nuovo Codice della Strada, che dovrebbe diventare legge entro il prossimo autunno.
Prosegue l’iter legislativo che porterà il nuovo Codice della Strada a diventare legge probabilmente entro il prossimo autunno. Oggi 18 settembre è stato infatti approvato dal Consiglio dei ministri il testo relativo che, dopo la prima stesura di giugno, quando era passato in Conferenza unificata, diventa così definitivo. Il testo, dal titolo "Interventi in materia di sicurezza stradale e delega per la revisione del Codice della strada", va ad aggiornare e riscrivere alcune regole.
AUTOVELOX E LIMITI DI VELOCITÀ - Diverse le novità. Tra di esse, possiamo citare la “stretta” sugli autovelox selvaggi e l’inasprimento delle pene per tutti coloro che non rispettano le regole. Gli autovelox dovranno essere omologati a livello nazionale, inoltre, saranno definiti con maggiore certezza le condizioni di installazione. I dispositivi di rilevamento della velocità dovranno infatti essere installati solo i quei punti dove sia effettivamente necessario per salvaguardare il rispetto del Codice della Strada. Non sarà quindi più possibile posizionare autovelox col limite che improvvisamente scende da 90 a 50 km/h, utili solo per fare cassa. Su richiesta dei sindaci viene proposto un incremento della sanzione amministrativa pecuniaria fino a 1.084 euro e la sospensione della patente di guida da quindici a trenta giorni, esclusivamente nei casi in cui la stessa persona commetta la violazione dei limiti di velocità all'interno del centro abitato per almeno due volte nell'arco di un anno. Previsto un inasprimento delle sanzioni anche per chi viola i limiti di velocità: fino a 1.400 euro nei casi più gravi.
CELLULARI ALLA GUIDA - Linea dura contro chi utilizza cellulari e dispositivi elettronici alla guida. La sanzione pecuniaria passa da 165-660 euro a 422-1.697 euro, con sospensioni della patente da quindici giorni a due mesi, a partire della prima violazione. Nel caso di recidiva entro i due anni, in aggiunta alla sospensione della patente da uno a tre mesi, è previsto il pagamento di una multa che varia da 644 a 2.588 euro e la decurtazione da 8 a 10 punti, rispettivamente per la prima o la seconda violazione.
GUIDA IN STATO DI EBREZZA - Anche sotto questo aspetto sono state introdotte diverse novità. Divieto assoluto di bere alcolici per chi si mette alla guida e obbligo di installazione dell’Alcolock per chi invece è stato colto a guidare in stato di ebrezza. Si tratta di un dispositivo che impedisce l’avvio del motore in caso di rilevamento di un tasso alcolemico superiore a zero. Sono inoltre previste multe più salate per chi guida in stato di ebbrezza, con le sanzioni che dovrebbero aumentare di un terzo rispetto alle attuali, con un massimo di circa 2.900 euro e un minimo di 724 euro. Chi viene trovato in stato di ebrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti rischia la sospensione della patente fino a tre anni.
NEOPATENTATI - I neopatentati non potranno guidare auto più potenti per i primi tre anni dopo il conseguimento della patente. Vengono fissati a tre anni dopo la patente la possibilità di guidare “autovetture a motore termico, potenza specifica, riferita alla tara, superiore a 55 kW/t e/o comunque potenza massima pari o superiore a 70 kW; autovetture elettriche o ibride plug-in con potenza specifica superiore a 65 kW/t, riferita alla tara, ma compreso il peso della batteria; altri autoveicoli diversi dalle autovetture con potenza specifica, riferita alla tara, superiore a 55 kW/t”. Viene così triplicato l’attuale limite, che è di un solo anno, con le novità che verranno applicate solo alle patenti conseguite dopo la sua entrata in vigore del nuovo Codice. Divieto assoluto per i neopatentati e per i giovani di 21 anni di mettersi al volante dopo aver bevuto alcolici (il divieto in questo caso non è legato al superamento del tasso alcolemico). Inoltre, se un minorenne viene scoperto alla guida senza patente e ubriaco o drogato, dovrà aspettare fino ai 24 anni di età per guidare un’auto.
MONOPATTINI - I monopattini privati dovranno avere un codice identificativo e l’assicurazione. Per utilizzarli sarà necessario il casco. Sanzioni severe per la sosta selvaggia, per la guida in contromano e su strade extraurbane particolarmente trafficate e pericolose.
SOSTA - Aumentano le sanzioni per chi sosta negli stalli dedicati ai disabili, con multe che per le auto vanno dai 330 fino ai 990 euro.
Fonte: alvolante.it
Mezzi pesanti ed angoli ciechi: un pericolo grave!
L’angolo cieco, detto anche blind spot, angolo buio o angolo morto, è la principale causa dell’incidente tra camion e ciclista avvenuto lo scorso 8 maggio a Milano: ecco di cosa si tratta, cosa possono fare gli autisti e le precauzioni per ciclisti e pedoni.
Non sono pochi i ciclisti morti perché travolti da un tir mentre si trovavano in sella alle loro bici.
Tra le cause della tragedia ci sarebbe il fatto che i mezzi pesanti hanno angoli ciechi che, nelle difficili manovre fra le strade cittadine e il traffico, portano gli autisti a non vedere bene quello che accade intorno a loro.
Gli angoli ciechi si formano anche quando un automobilista guida l'auto, ma non sono così pericolosi come per gli autisti dei tir: il livello di pericolosità risiederebbe quindi nelle dimensioni del camion.
Per migliorare la visibilità dei mezzi pesanti negli ultimi tempi sono stati installati sensori regolati da diverse direttive: nel luglio 2024, entrerà in vigore una direttiva Ue che impone che tutti i camion di nuova immatricolazione siano dotati dei dispositivi per il rilevamento degli ostacoli negli angoli ciechi.
Cosa si intende per angolo cieco e dove si forma per i camion?
Gli angoli ciechi di un camion sono le zone intorno al veicolo che il conducente non riesce a vedere se seduto al posto di guida, sono zone inaccessibili (nascoste) al campo visivo del conducente di un veicolo. Si tratta di una zona che non è coperta né dal campo dei retrovisori, né dalla vista del conducente, a meno che non si giri la testa o non si muova la parte superiore del corpo.. Quanto siano ampi questi angoli ciechi dipende dalla dimensione del camion e quindi anche dalla posizione esatta dell'autista. Nel dettaglio, gli angoli ciechi di un camion si trovano sulla parte posteriore del veicolo, sul lato destro e sinistro e dietro il conducente. Ma ogni modello di tir ha i suoi unici punti ciechi: variano quindi in base al tipo di veicolo.
Le norme e le precauzioni per evitare gli angoli morti
Certo quindi è che gli angoli ciechi del camion rappresentano una minaccia per la sicurezza stradale.
Come fare a evitare gli angoli ciechi dei tir? Tra i consigli c'è quello di evitare di rimanere in un angolo morto per troppo tempo.
E ancora: non sorpassare un camion sulla destra considerando che l'angolo cieco del lato destro di un camion è più grande rispetto al lato sinistro. La regola prima è comunque quella di mantenere una distanza di sicurezza con il camion.
Nel luglio del prossimo anno entrerà in vigore una direttiva Ue che impone che tutti i camion di nuova immatricolazione siano dotati dei dispositivi per il rilevamento degli ostacoli negli angoli ciechi così forse si potranno evitare i tanti incidenti.
A Milano, nell’area B, dall'entrata in vigore di detta direttiva, potranno circolare solo camion dotati di sensori per rilevare ostacoli nell'angolo cieco.
Lo ha deciso il consiglio comunale, all’unanimità, stabilendo inoltre che ai mezzi pesanti non provvisti del kit sarà consentito viaggiare soltanto nelle ore notturne (presumibilmente dalle ore 22 alle 6).
L'iniziativa mira a intervenire sull’incidentalità e arriva in risposta a incidenti mortali a danno di ciclisti e pedoni che, negli ultimi tempi, si sono intensificati nelle strade cittadine.
Fonte: rivistatir.it