Dal 15 OTTOBRE 2021, tutti i lavoratori appartenenti al comparto pubblico e privato, inclusi i liberi professionisti e i collaboratori familiari dovranno dotarsi di Green Pass per accedere ai luoghi di lavoro.
L’obbligo scatta in tutti i luoghi di lavoro: nelle fabbriche, negli uffici, negli studi professionali.
Lo ha stabilito il Decreto Legge approvato dal Consiglio dei ministri il 16 settembre.
Il decreto prevede che il personale che ha l’obbligo del Green Pass, se comunica di non averlo o ne risulti privo al momento dell’accesso al luogo di lavoro, è considerato assente ingiustificato fino alla presentazione della Certificazione Verde; dopo cinque giorni di assenza, il rapporto di lavoro è sospeso.
La retribuzione non è dovuta dal primo giorno di assenza.
Per le aziende con meno di 15 dipendenti, è prevista una disciplina volta a consentire al datore di lavoro a sostituire temporaneamente il lavoratore privo di Certificato Verde.
Per le violazioni è prevista una multa tra 600 e 1.500 euro.
I datori di lavoro sono tenuti a verificare il rispetto delle prescrizioni.
Le criticità dello stare troppo in piedi o eccessivamente seduti sul posto di lavoro. I suggerimenti di buone pratiche per poter continuare a lavorare anche in presenza di patologie croniche dell’apparato muscoloscheletrico. L’importanza e i vantaggi della mappatura delle parti del corpo a rischio negli ambienti lavorativi, di grande utilità per iniziative di prevenzione. Sono i temi di quattro pubblicazioni recenti, edite dall’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (Eu-Osha) nell’ambito della campagna “ Ambienti di lavoro sani e sicuri”, che nel triennio 2020-2022 si incentra sui disturbi muscoloscheletrici (Dms). Divulgativi e di facile lettura, disponibili anche in italiano, gli opuscoli sono indirizzati ai lavoratori e ai loro rappresentanti, come pure ai datori di lavoro e ai responsabili delle politiche di salute e sicurezza negli ambienti lavorativi.
“Alleggeriamo il carico!”: riflettori accesi sui disturbi muscoloscheletrici
Lanciata nel nostro Paese a novembre scorso con lo slogan “ Alleggeriamo il carico!”, la campagna è coordinata a livello nazionale dalla Direzione centrale prevenzione dell’Inail, Focal point Italia di Eu-Osha, con il sostegno di un network nazionale tripartito. Secondo consolidati studi internazionali, le patologie dell’apparato muscoloscheletrico sono tra le malattie professionali più diffuse e comuni in Europa. Obiettivo della campagna è quello di sensibilizzare nuovamente su questa tematica lavoratori, datori di lavoro, associazioni professionali e parti sociali, istituzioni e opinione pubblica.
Lavoro in piedi prolungato, analisi e soluzioni
Nella prima delle quattro pubblicazioni Eu-Osha vengono esaminati gli effetti che può provocare una posizione in piedi statica o forzata e prolungata sul posto di lavoro, in un tempo che può variare da 1 a 4 ore. Il volume descrive la portata del fenomeno e i lavoratori più esposti a questo rischio, come personale di cucina, operatori commerciali e sanitari. Una lunga permanenza in piedi viene associata sia ai Dms sia ad altri problemi di salute, che includono dolori e disturbi agli arti inferiori, pressione sanguigna elevata, malattie cardiache, presenza di vene varicose. Vengono quindi fornite indicazioni per la salute e la sicurezza e buone pratiche di prevenzione da adottare, come ad esempio postazioni di lavoro ergonomiche o solette imbottite per le calzature, senza tralasciare soluzioni organizzative, come l’alternanza di turni di lavoro.
Evitare sedute eccessive, alternare con camminate e movimento
Specularmente, la seconda pubblicazione affronta il tema opposto, quello dello stare seduti e fermi per troppo tempo, con una durata pari o superiore a 2 ore continuative, con basso consumo di energie e di forza muscolare. Una caratteristica che accomuna principalmente lavoratori d’ufficio, autisti e gruisti, operai di linee di assemblaggio e operatori di call center. Gli effetti sulla salute includono lombalgia, disturbi al collo e alle spalle, diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari e obesità, e possono condurre anche ad alcuni tipi di tumore, in particolare alla mammella e al colon, e a problemi di salute mentale. Viene raccomandato quindi di adottare postazioni ergonomiche e di passare non più del 50% della giornata da seduti. Di alzarsi almeno ogni 20-30 minuti, e di ridurre il tempo trascorso in posture sedute appena sia possibile. In generale, occorre non superare le 5 ore di lavoro sedentario al giorno ed è necessario lavorare in maniera attiva, cambiando posizione e alternando sedute e camminate.
Lavorare con patologie e Dms cronici
Ai soggetti affetti da patologie muscoloscheletriche croniche che possono però continuare a svolgere un’attività lavorativa è dedicata la terza pubblicazione. Sotto questa definizione rientrano quelle patologie, denominate malattie reumatiche e muscoloscheletriche (Mrm) la cui durata è tecnicamente superiore alle 12 settimane. Interessano muscoli, ossa, articolazioni e tessuti molli. Comprendono anche i disturbi privi di una causa precisa, come mal di schiena cronico o disturbi permanenti degli arti superiori, malattie reumatiche e patologie degenerative come osteoartrosi e osteoporosi.
Utili strumenti ergonomici e misure organizzative come telelavoro e smart working
Queste patologie chiamano in causa più direttamente i datori di lavoro nella predisposizione di idonee soluzioni organizzative, eliminando i rischi alla fonte e adottando misure collettive per rendere l’ambiente di lavoro più sano e sicuro. Essenziale procedere a una corretta valutazione dei rischi, evitare mansioni che comportino posture scomode, statiche e protratte nel tempo, comportamenti sedentari, movimenti ripetitivi nonché sollevamento e movimentazione manuale di carichi. Le postazioni di lavoro vanno progettate e strutturate secondo criteri ergonomici e dotate di attrezzature regolabili. Altre misure di tipo organizzativo e di prevenzione possono essere il ricorso a smart working e telelavoro, la rotazione periodica dei compiti assegnati, l’utilizzo di ausili di sostegno, le facilitazioni per parcheggi e uffici più comodi da raggiungere.
Mappatura delle parti del corpo umano e di ambienti lavorativi pericolosi
Da ultimo, nella quarta pubblicazione si offrono due esempi di mappatura delle parti del corpo e dei pericoli negli ambienti di lavoro, tecniche utili ai datori di lavoro e ai rappresentanti dei lavoratori per raccogliere evidenze e segnalazioni di rischi. Nella prima mappatura, ai lavoratori vengono forniti penne o bollini colorati con cui indicare, sopra una sagoma del corpo umano, le parti in cui avvertono disturbi muscolari. Analogamente, nella seconda, viene chiesto ai lavoratori di indicare, rimarcandoli su tavole e piante grafiche, i punti sul luogo di lavoro in cui sono più presenti fonti di pericolo. I risultati di questi esercizi partecipati possono aiutare a individuare le criticità e a favorire la discussione per la ricerca di soluzioni condivise.
Fonte: INAIL
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È il Decreto n. 274 del 7 luglio 1997 del Ministero dell’Industria e del commercio a fornire una definizione delle attività di “sanificazione”, indicandole come ‘quelle attività che riguardano il complesso di procedimenti e operazioni atti a rendere sani determinati ambienti mediante l’attività di pulizia e/o di disinfezione e/o di disinfestazione ovvero mediante il controllo e il miglioramento delle condizioni del microclima per quanto riguarda la temperatura, l’umidità e la ventilazione ovvero per quanto riguarda l’illuminazione e il rumore’.
Dunque la sanificazione rappresenta, come ricordato più volte dal nostro giornale, un ‘complesso di procedimenti e di operazioni’ che “comprende attività di pulizia e/o attività di disinfezione che vanno intese ‘come un insieme di attività interconnesse tra di loro’ quali la pulizia e la disinfezione”.
Si ricorda che in alcuni casi “con la sola pulizia (es. trattamenti con il calore) o con la sola disinfezione è possibile ottenere la stessa efficacia nei confronti dei virus”.
La sanitizzazione è invece “un termine importato dalla traduzione dall’inglese del termine sanitisation che, nella forma originale, viene utilizzato come sinonimo di ‘disinfezione’. E una nota del Ministero della Salute specifica che ‘anche i prodotti che riportano in etichetta ‘sanitizzante/sanificante’ si considerano rientranti nella definizione di prodotti biocidi’. Il termine è riferito “a prodotti contenenti principi attivi in revisione come biocidi disinfettanti che, tuttavia, non avendo completato l’iter di valutazione, non possono vantarne l’efficacia disinfettante”.
A ricordare in questi termini cosa sia la sanificazione e a fornire indicazioni aggiornate sulle attività di disinfezione in relazione al virus SARS-CoV-2 è il Rapporto ISS “ Raccomandazioni ad interim sulla sanificazione di strutture non sanitarie nell’attuale emergenza COVID-19: ambienti/superfici. Aggiornamento del Rapporto ISS COVID-19 n. 25/2020. Versione del 20 maggio 2021” (Rapporto ISS COVID-19 n. 12/2021).
Riguardo alla sanificazione e all’emergenza COVID-19 ci soffermiamo sui seguenti argomenti:
Sanificazione: la regolamentazione, la normativa e i prodotti
Sanificazione: la tutela della salute degli utilizzatori dei prodotti e del personale
Sanificazione e microclima: le indicazioni per il ricambio d’aria
Sanificazione: la regolamentazione, la normativa e i prodotti
Riguardo agli aspetti regolatori il Rapporto ISS n. 12/2021 indica che il riferimento normativo in tale ambito è rappresentato, come abbiamo visto, dal Decreto Ministeriale n. 274 del 7 luglio 1997 (DM 274/1997) e dalla Legge 82/1994 “che disciplinano le attività di pulizia, disinfezione, disinfestazione, derattizzazione e sanificazione, stabilendo i requisiti che devono essere soddisfatti dalle imprese che intendono intraprendere le suddette attività”.
Il documento, che ricorda anche le indicazioni del decreto-legge 31 gennaio 2007 n. 7 sulle liberalizzazioni delle attività, segnala poi che la Circolare del Ministero dell’Industria n. 3420/C del 22 settembre 1997 precisa che laddove le attività di sanificazione “non siano svolte per conto terzi come attività imprenditoriale, ma al contrario siano svolte in aree di pertinenza dell’impresa e da parte del proprio personale, non sono applicabili le qualifiche richieste dal DM 274/1997”. E in merito all’uso dei prodotti, “quando l’attività di sanificazione (pulizia e/o disinfezione) è effettuata in proprio (ovvero non usufruendo di una ditta specializzata), il datore di lavoro deve garantire che nell’utilizzo dei prodotti siano rispettati gli obblighi previsti dal DL.vo 81/2008. In particolare, i lavoratori individuati per le attività di pulizia e/o disinfezione devono essere adeguatamente informati e formati in merito ai pericoli dei prodotti da utilizzare e alle corrette procedure per il loro impiego”.
Si segnala poi che i prodotti da utilizzare per le attività di sanificazione possono essere:
prodotti a uso non professionale “e, in tal caso, il datore di lavoro e il personale incaricato per le attività (di pulizia, disinfezione e sanificazione) devono agire dopo aver letto attentamente le etichette e i fogli illustrativi che accompagnano i prodotti e seguire le indicazioni riportate in etichetta; o
prodotti a uso professionale e in questo caso la dicitura ‘Solo per uso professionale’ è espressamente indicata in etichetta. Per questi prodotti valgono le stesse disposizioni relative ai prodotti a uso non professionale e quindi occorre leggere attentamente l’etichetta, la scheda tecnica e la Scheda di Dati di Sicurezza (SDS). In aggiunta, il datore di lavoro deve applicare le disposizioni del DL.vo 81/2008”.
Sanificazione: la tutela della salute degli utilizzatori dei prodotti e del personale
Riguardo poi alla tutela della salute si sottolinea che “i prodotti e le procedure da utilizzare per la sanificazione devono essere attentamente valutati prima dell’impiego, per tutelare la salute sia degli utilizzatori stessi che dei lavoratori addetti e di qualsiasi astante che accederà alle aree sanificate”.
In questo senso, dopo aver verificato la necessaria efficacia virucida del prodotto per la disinfezione, è necessario “individuare le corrette modalità di impiego al fine di garantire sia l’efficacia del prodotto (detersione preliminare delle superfici, concentrazione d’impiego, tempo di contatto, detersione finale, ecc.) che le misure di prevenzione e protezione per gli astanti, gli utilizzatori e per il personale che rientrerà nelle aree sanificate. A tal fine è necessario fare riferimento al contenuto e alle indicazioni previste nell’etichetta del prodotto, nella scheda tecnica e nella Scheda di Dati di Sicurezza (SDS)”.
In particolare gli utilizzatori dei prodotti “dovranno garantire che i propri lavoratori addetti abbiano ricevuto un’adeguata informazione/formazione, in particolare per quanto riguarda l’impiego dei Dispositivi di Protezione Individuale” di terza categoria (con riferimento al Titolo III Capo II del DL.vo 81/2008 e al Decreto Interministeriale 2 maggio 2001).
Inoltre per quanto riguarda “le misure di prevenzione e protezione da applicare nell’impiego delle attrezzature utilizzate per l’erogazione dei prodotti, o per l’eventuale generazione in situ degli stessi, si dovrà fare riferimento al manuale d’uso e manutenzione delle suddette attrezzature nel rispetto dei pertinenti obblighi”.
Sanificazione e microclima: le indicazioni per il ricambio d’aria
Misure per il controllo e il miglioramento delle condizioni del microclima per quanto riguarda la temperatura, l’umidità e la ventilazione
In relazione alla definizione di “sanificazione”, che fa esplicito riferimento alle condizioni del microclima e a temperatura, umidità e ventilazione, il documento rimanda alle tante indicazioni presenti nei Rapporti ISS COVID-19.
Ad esempio, come raccomandato nella prima versione del Rapporto ISS COVID-19 n. 25/2020, “deve essere assicurato il ricambio frequente dell’aria all’interno degli ambienti, che può essere realizzato anche attraverso l’apertura regolare e ottimizzata delle finestre e di altri accessi, escludendo quelle più vicine alle strade trafficate ed evitando di effettuare tale operazione nelle ore di punta del traffico. Si precisa che tale operazione non consente di quantificare l’efficienza del ricambio completo dell’aria che può essere comunque monitorato con l’utilizzo di sensori di CO2”. Inoltre un ricambio quantitativo “può essere ottenuto con l’utilizzo di sistemi idonei alla purificazione/sanificazione dell’aria degli ambienti interni” (se ne parla nel paragrafo dedicato al trattamento mediante purificatori/ionizzatori)
L’Istituto Superiore di Sanità si è soffermato più volte sull’importanza della ventilazione come “intervento efficace per limitare la trasmissione di patogeni a livello domestico e in scuole e uffici”. Indicazioni sul ricambio d’aria, in relazione a differenti situazioni, sono presenti sia in uno studio del 2016 sia in documenti dell’American Society of Heating, Refrigerating and Air-Conditioning Engineers (ASHRAE) “che riportano un intervallo di volumi di aria da cambiare ogni ora (ACH) che variano da 3 a 5”. E l’OMS “fornisce un’indicazione di massima riguardante il ricambio di aria pari a 10 L/s/persona (cioè litri d’aria per secondo per persona)”.
Tuttavia i valori relativi al “volume di aria che sarebbe necessario rinnovare per diminuire la probabilità di trasmissione di agenti patogeni da un soggetto infetto dipendono da un elevato numero di fattori quantificabili (es. qualità dell’aria utilizzata per il ricambio, numero di persone presenti, tipo di attività che causa l’espulsione di secrezioni respiratorie, volumetria dell’ambiente e ventilazione, ecc.)”, fattori che attraverso appropriati modelli “consentono di fornire indicazioni per i diversi scenari”.
Fonte: Puntosicuro
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Le denunce di infortunio sul lavoro presentate tra gennaio e maggio sono state 219.262 (+5,7% rispetto allo stesso periodo del 2020), 434 delle quali con esito mortale (+0,5%). In aumento le patologie di origine professionale denunciate (+43,4%).
Nella sezione “Open data” del sito Inail sono disponibili i dati analitici delle denunce di infortunio – nel complesso e con esito mortale – e di malattia professionale presentate all’Istituto entro il mese di maggio. Nella stessa sezione sono pubblicate anche le tabelle del “modello di lettura” con i confronti “di mese” (maggio 2020 vs maggio 2021) e “di periodo” (gennaio-maggio 2020 vs gennaio-maggio 2021).
Gli open data pubblicati sono provvisori e il loro confronto richiede cautele, in particolare rispetto all’andamento degli infortuni con esito mortale, soggetti all’effetto distorsivo di “punte occasionali” e dei tempi di trattazione delle pratiche. Per quantificare il fenomeno, comprensivo anche dei casi accertati positivamente dall’Inail, sarà quindi necessario attendere il consolidamento dei dati dell’intero 2021, con la conclusione dell’iter amministrativo e sanitario relativo a ogni denuncia.
Nel numero complessivo degli infortuni sono comprese anche le comunicazioni obbligatorie, effettuate ai soli fini statistici e informativi da tutti i datori di lavoro e i loro intermediari, compresi i datori di lavoro privati di lavoratori assicurati presso altri enti o con polizze private, degli infortuni che comportano un’assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell’evento.
Il confronto tra i primi cinque mesi del 2020 e del 2021 richiede molta prudenza ed è da ritenersi poco significativo a causa della pandemia che nel 2020 ha provocato, soprattutto per gli infortuni mortali, una manifesta “tardività” nella denuncia, anomala ma rilevantissima, generalizzata in tutti i mesi, ma amplificata soprattutto a marzo 2020, mese di inizio pandemia, che ne inficia la comparazione con i primi mesi del 2021.
Gli open data mensili per il periodo gennaio-maggio 2020 non quantificano, infatti, un rilevante numero di “tardive” denunce (in particolare mortali) da contagio da Covid-19, che sono state acquisite dall’Istituto solo dopo il 31 maggio dello scorso anno, data la circostanza non sempre chiara, emersa soprattutto agli inizi della pandemia e prima dell’emanazione delle circolari Inail del 3 aprile 2020 n. 13 e del 20 maggio 2020 n. 22, di ricondurre la natura dei contagi da nuovo Coronavirus a infortunio sul lavoro (in quanto la causa virulenta è equiparata alla causa violenta) e non a malattia professionale.
Per una quantificazione più consolidata dei dati infortunistici del 2020 si rimanda pertanto alla Relazione annuale del Presidente dell’Inail del prossimo 19 luglio, corredata anche da un’appendice statistica, in occasione della quale saranno presentati tutti i dati annuali con cadenza semestrale, aggiornati al 30 aprile 2021.
Ciò premesso, nel periodo gennaio-maggio di quest’anno si registra, rispetto all’analogo periodo del 2020, un aumento delle denunce di infortunio in complesso, una sostanziale parità di quelli mortali e una risalita delle malattie professionali.
DENUNCE DI INFORTUNIO
Le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Inail entro lo scorso mese di maggio sono state 219.262, in aumento di quasi 12mila casi (+5,7%) rispetto alle 207.472 dei primi cinque mesi del 2020. L’aumento del 5,7% dell’intero periodo è la sintesi di un calo delle denunce osservato nel primo trimestre gennaio-marzo (-9%) e di un aumento nel bimestre aprile-maggio (+44%), nel confronto tra i due anni.
I dati rilevati al 31 maggio di ciascun anno evidenziano nei primi cinque mesi del 2021 un aumento a livello nazionale del 10%, da 22.717 a 24.982 casi, degli infortuni in itinere, occorsi cioè nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il posto di lavoro (complice il massiccio ricorso allo smart working nello scorso anno, a partire dal mese di marzo), e un incremento del 5,2%, da 184.755 a 194.280 denunce, di quelli avvenuti in occasione di lavoro, che sono calati dell’8% nel primo trimestre di quest’anno e aumentati del 37% nel bimestre aprile-maggio. Il numero degli infortuni sul lavoro denunciati è aumentato del 4,4% nella gestione Industria e servizi (dai 174.845 casi del 2020 ai 182.561 del 2021), dell’8,0% in Agricoltura (da 9.672 a 10.447) e del 14,4% nel Conto Stato (da 22.955 a 26.254).
Si osservano incrementi generalizzati in quasi tutti i settori produttivi tranne, in particolare, in quello della “Sanità e assistenza sociale”, che nei primi cinque mesi di quest’anno presenta una diminuzione del 36% (sintesi di un +163% del primo bimestre e di un -71% del periodo marzo-maggio) degli infortuni avvenuti in occasione di lavoro rispetto al pari periodo del 2020, pur distinguendosi ancora per numerosità di eventi, e nel settore dell’alloggio e ristorazione (-22,4%).
Dall’analisi territoriale emerge una diminuzione delle denunce soltanto nel Nord-Ovest (-9,5%), al contrario delle Isole (+17,3%), del Sud (+15,1%), del Centro (+14,3%) e del Nord-Est (+12,5%). Tra le regioni si registrano decrementi percentuali solo in Valle d’Aosta, Provincia autonoma di Trento, Piemonte e Lombardia, mentre gli incrementi percentuali più consistenti sono quelli di Basilicata, Molise e Campania.
L’aumento che emerge dal confronto dei primi cinque mesi del 2020 e del 2021 è legato alla sola componente maschile, che registra un +15,0% (da 117.868 a 135.498 denunce), mentre quella femminile presenta un decremento del 6,5% (da 89.604 a 83.764). L’incremento ha interessato i lavoratori italiani (+5,0%) e quelli extracomunitari (+12,6%), al contrario dei comunitari (-1,0%). Dall’analisi per classi di età emergono cali solo tra i 15-19enni (-25,7%) e tra i 45-49enni (-1,5%), con incrementi per la fascia tra i 20 e i 44 anni (+10,9%) e tra gli over 50 (+3,0%).
CASI MORTALI
Le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale presentate all’Istituto entro il mese di maggio sono state 434, due in più rispetto alle 432 registrate nei primi cinque mesi del 2020 (+0,5%). Il confronto tra il 2020 e il 2021, come detto, richiede però cautela, in quanto i dati delle denunce mortali degli open data mensili, più di quelli delle denunce in complesso, sono provvisori e influenzati fortemente dalla pandemia, con il risultato di non conteggiare un rilevante numero di “tardive” denunce mortali da contagio da Covid-19, in particolare relative al mese di marzo 2020, entrate negli archivi solo nei mesi successivi alla fotografia scattata il 31 maggio 2020. Si fa notare, inoltre, che i decessi causati dal Covid-19 avvengono dopo un periodo di tempo più o meno lungo intercorso dalla data del contagio.
Ciò premesso, a livello nazionale i dati rilevati al 31 maggio di ciascun anno evidenziano per i primi cinque mesi di quest’anno un aumento solo dei casi in itinere, passati da 68 a 72, mentre quelli avvenuti in occasione di lavoro sono stati due in meno (da 364 a 362). L’aumento ha riguardato solo le gestioni assicurative dell’Agricoltura (da 32 a 45) e del Conto Stato (da 22 a 30), mentre l’Industria e servizi segna un -5,0% (da 378 a 359 denunce). Dall’analisi territoriale emerge un aumento nel Nord-Est (da 79 a 94 casi mortali), nel Centro (da 72 a 81) e nel Sud (da 96 a 130). Il numero dei decessi, invece, è in calo nel Nord-Ovest (da 157 a 103) e nelle Isole (da 28 a 26).
L’incremento rilevato nel confronto tra i primi cinque mesi del 2020 e del 2021 è legato solo alla componente femminile, i cui casi mortali denunciati sono passati da 38 a 44, mentre quella maschile è passata da 394 a 390 casi. L’aumento riguarda solo le denunce dei lavoratori italiani (da 366 a 380), mentre calano quelle dei lavoratori comunitari (da 23 a 15) ed extracomunitari (da 43 a 39). Dall’analisi per classi di età si segnalano gli incrementi per la classe 40-54 anni (+26 decessi, da 137 a 163) e i decrementi in quella 55-64 anni (-18 decessi, da 179 a 161 casi).
DENUNCE DI MALATTIA PROFESSIONALE
Le denunce di malattia professionale protocollate dall’Inail nei primi cinque mesi del 2021 sono state 23.921, 7.237 in più rispetto allo stesso periodo del 2020 (+43,4%), sintesi di un calo del 26% nel periodo gennaio-febbraio e di un aumento del 161% in quello di marzo-maggio, nel confronto tra i due anni. Le patologie denunciate tornano quindi ad aumentare, dopo un 2020 condizionato fortemente dalla pandemia, con denunce in costante decremento nel confronto con l’anno precedente.
L’incremento ha interessato le tre gestioni Industria e servizi (+41,9%, da 13.814 a 19.605 casi), Agricoltura (+52,4%, da 2.679 a 4.082) e Conto Stato (+22,5%, da 191 a 234) e tutte le aree territoriali del Paese: Nord-Ovest (+28,1%), Nord-Est (+57,4%), Centro (+47,6%), Sud (+49,4%) e Isole (+11,5%).
In ottica di genere si rilevano 5.259 denunce di malattia professionale in più per i lavoratori, da 12.229 a 17.488 (+43,0%), e 1.978 in più per le lavoratrici, da 4.455 a 6.433 (+44,4%). In aumento sia le denunce dei lavoratori italiani, che sono passate da 15.512 a 22.172 (+42,9%), sia quelle dei comunitari, da 403 a 569 (+41,2%), e degli extracomunitari, da 769 a 1.180 (+53,4%).
Le patologie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo, del sistema nervoso e dell’orecchio continuano a rappresentare, anche nei primi cinque mesi del 2021, le prime tre malattie professionali denunciate, seguite da quelle del sistema respiratorio e dai tumori.
Fonte: INAIL
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Lavoratori, datori di lavoro, governi e enti di tutto il mondo attivi nel settore della salute e della sicurezza, in collaborazione con l’Organizzazione internazionale del Lavoro (ILO), celebrano il 28 aprile la Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro ponendo l’accento sulla necessità di creare una nuova « cultura della sicurezza » al fine di ridurre o prevenire gli incidenti sul lavoro e le malattie professionali che provocano, in media, 6 000 morti al giorno.
L’ILO celebra la Giornata mondiale per ricordare l’importanza della prevenzione degli infortuni e malattie legate al lavoro. Questo evento trae la sua forza dalla tradizionale struttura tripartita dell’ILO e dal dialogo sociale che riunisce lavoratori, datori di lavoro e governi nell’intento di accrescere la consapevolezza sulla questione della salute e della sicurezza sul lavoro.
« Promuovere una cultura della sicurezza sul lavoro è il tema di questa Giornata mondiale », dichiara il Presidente della Finlandia, Tarja Halonen, in uno speciale messaggio preparato per l’occasione. « Governi, datori di lavoro e lavoratori hanno un comune interesse nel creare luoghi di lavoro più sani e sicuri che costituisca una base solida per lo sviluppo del dialogo sociale e per raggiungere un consenso durevole ».
Il Direttore Generale dell’Ufficio internazionale del Lavoro, Juan Somavia in un altro messaggio dedicato a questa giornata dichiara : « Una vera cultura della sicurezza deve essere alimentata e sostenuta dal partenariato e dal dialogo. I governi, i datori di lavoro e i lavoratori, all’interno di un quadro condiviso di diritti, di responsabilità e doveri, devono trovare un terreno comune e creare luoghi di lavoro sani e sicuri. Sono fermamente convinto che questa sia una delle aree più fertili per ottenere un ampio consenso nel mondo del lavoro ».
Un solenne anniversario
Quest’anno, la celebrazione coincide con il ventesimo anniversario di una delle peggiori catastrofi chimiche mai avvenute — nel 1984, a Bhopal (India), l’esplosione della fabbrica di pesticidi della Union Carbide uccise 2 500 persone e ne ferì oltre 200 000 nell’arco di poche ore causando negli anni successivi altri 20 000 morti. In un rapporto speciale intitolato Lavoro sicuro e cultura della sicurezza, l’Ufficio internazionale del Lavoro rileva che nonostante la tragedia di Bophal abbia suscitato una presa di coscienza sui pericoli degli incidenti industriali, il rischio che accadano altri incidenti analoghi è tuttora presente e richiede una risposta su larga scala.
Ogni anno, le sostanze pericolose causano la morte di 400 000 persone ; secondo l’Ufficio internazionale del Lavoro questa cifra rappresenta solo una parte del numero annuale di incidenti mortali sul lavoro (oltre 2 milioni) e dei casi di malattie professionali (oltre 160 000 milioni). Questi dati allarmanti dimostrano la necessità di adottare misure di prevenzione più efficaci traendo spunto dalle Convenzioni e dalle misure di sicurezza concrete formulate dall’Ufficio internazionale del Lavoro. Questo è il primo passo verso una vera « cultura della sicurezza » a livello mondiale.
Per Jukka Takala, principale specialista dell’Ufficio internazionale del Lavoro in materia di sicurezza sul lavoro »l’esperienza dimostra che una cultura della sicurezza rappresenta un vantaggio sia per i lavoratori che per gli imprenditori e i governi. Diverse tecniche di prevenzione si sono dimostrate efficaci, permettendo al contempo di evitare gli incidenti sul lavoro e di migliorare i risultati dell’impresa. Le norme di sicurezza più avanzate in vigore oggi in alcuni paesi sono il risultato diretto delle politiche di lungo termine a favore del dialogo sociale, della contrattazione collettiva tra sindacati e imprenditori, nonché di una efficace legislazione in materia di salute e sicurezza sostenuta da servizi di ispezione del lavoro efficaci.
Fonte: ILO - Organizzazione Mondiale del Lavoro