L’azienda, attraverso le modalità più idonee ed efficaci, informa tutti i lavoratori, e chiunque entri in azienda, sulle disposizioni delle Autorità, consegnando e/o affiggendo depliants informativi all’ingresso e nei luoghi maggiormente visibili dei locali aziendali. Tra le informazioni:
- L'obbligo di restare a casa con febbre oltre 37.5. In presenza di febbre (oltre i 37.5) o altri sintomi influenzali vi è l’obbligo di rimanere al proprio domicilio e di chiamare il proprio medico di famiglia e l'autorità sanitaria.
- L’accettazione di non poter entrare o permanere in azienda, e di doverlo dichiarare tempestivamente laddove, anche successivamente all’ingresso, sussistano le condizioni di pericolo: sintomi di influenza, temperatura, provenienza da zone a rischio o contatto con persone positive al virus nei 14 giorni precedenti, etc.
- L’impegno a rispettare tutte le disposizioni delle Autorità e del datore di lavoro nel fare accesso in azienda. In particolare: mantenere la distanza di sicurezza, osservare le regole di igiene delle mani e tenere comportamenti corretti sul piano dell’igiene.
- L'impegno a informare tempestivamente e responsabilmente il datore di lavoro della presenza di qualsiasi sintomo influenzale durante l'espletamento della prestazione lavorativa, avendo cura di rimanere ad adeguata distanza dalle persone presenti.
Pulizia e sanificazione
L’azienda assicura la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica dei locali, degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni e di svago.
Nel caso di presenza di una persona con COVID-19 all’interno dei locali aziendali, si procede alla pulizia e sanificazione dell’area secondo le disposizioni della circolare n. 5443 del 22 febbraio 2020 del Ministero della Salute e alla ventilazione dei locali.
Va garantita la pulizia a fine turno e la sanificazione periodica di tastiere, schermi touch, mouse, con adeguati detergenti, sia negli uffici, che nei reparti produttivi.
Nelle aree geografiche a maggiore endemia o nelle aziende in cui si sono registrati casi sospetti di COVID-19, in aggiunta alle normali attività di pulizia, è necessario prevedere, alla riapertura, una sanificazione straordinaria degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni, come da circolare 22 febbraio 2020.
Precauzioni igieniche personali
È obbligatorio che le persone presenti in azienda adottino tutte le precauzioni igieniche, in particolare per le mani. L’azienda mette a disposizione idonei mezzi detergenti per le mani e raccomanda la frequente pulizia delle stesse con acqua e sapone.
I detergenti devono essere accessibili a tutti i lavoratori anche grazie a specifici dispenser collocati in punti facilmente individuabili.
Dispositivi di protezione individuale
Qualora l’attività lavorativa imponga una distanza interpersonale minore di un metro e non siano possibili altre soluzioni organizzative è necessario l'uso delle mascherine e di altri dispositivi di protezione (guanti, occhiali, tute, cuffie, camici) conformi alle disposizioni delle autorità scientifiche e sanitarie.
È favorita la preparazione da parte dell’azienda del liquido detergente secondo le indicazioni dell’OMS.
Data ultimo aggiornamento: 19 ottobre 2020
Fonte: Ministero della Salute
Il 13 ottobre 2020 il Presidente del Consiglio dei Ministri e il ministro della Salute hanno firmato un nuovo Dpcm contenente misure urgenti di contenimento del contagio da nuovo coronavirus sull’intero territorio nazionale.
Il decreto conferma quanto già introdotto dal Decreto legge del 7 ottobre 2020 sull’uso di mascherine sia al chiuso che all’aperto.
In particolare il nuovo DPCM dispone l’obbligo, su tutto il territorio nazionale, di portare con sé i dispositivi di protezione delle vie respiratorie e di indossarli nei luoghi al chiuso diversi dalle abitazioni private e in tutti i luoghi all’aperto a eccezione dei casi in cui, per le caratteristiche dei luoghi o per le circostanze di fatto, sia garantita in modo continuativo la condizione di isolamento rispetto a persone non conviventi.
Sono fatti salvi i Protocolli e le linee-guida anti-contagio previsti per le attività economiche, produttive, amministrative e sociali di cui all’Allegato 12 del DPCM 13 ottobre 2020 e le Linee guida per il consumo di cibi e bevande.
Sono esclusi dai citati obblighi:
i soggetti che stanno svolgendo attività sportiva
i bambini di età inferiore ai sei anni
i soggetti con patologie o disabilità incompatibili con l’uso della mascherina, nonché per coloro che per interagire con loro versino nella stessa incompatibilità.
Il decreto raccomanda fortemente l’uso dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie anche all’interno delle abitazioni private in presenza di persone non conviventi.
L’utilizzo delle mascherine si aggiunge alle altre misure di protezione finalizzate alla riduzione del contagio, tra cui il distanziamento sociale e il lavaggio delle mani.
Con il DPCM 18 ottobre 2020 sono state introdotte ulteriori misure restrittive per bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie e altri esercizi commerciali.
Il DPCM ha disposto anche un allegato A contenente Linee guida per la gestione in sicurezza dirette agli eduatori e operatori scolastici.
Per approfondire
DPCM 13 ottobre 2020
Art. 1 - Misure urgenti di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale
Art. 2 - Misure di contenimento del contagio per lo svolgimento in sicurezza delle attività produttive industriali e commerciali
Art.11 - Esecuzione e monitoraggio delle misure
Allegato 12 - Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro fra il Governo e le parti sociali
Circolare del ministero della Salute 12 ottobre 2020 su isolamento e quarantena
Decreto Legge 7 ottobre 2020, n. 125 - Misure urgenti connesse con la proroga della dichiarazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e per la continuita' operativa del sistema di allerta COVID, nonche' per l'attuazione della direttiva (UE) 2020/739 del 3 giugno 2020
Ordinanza ministro della Salute 7 ottobre 2020 - Ulteriori misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19
Vedi anche
Rapporto ISS “Raccomandazioni ad interim sulla sanificazione di strutture non sanitarie nell’attuale emergenza COVID-19: superfici, ambienti interni e abbigliamento”.
Circolare 22 maggio 2020 - Indicazioni per l’attuazione di misure contenitive del contagio da SARS-CoV-2 attraverso procedure di sanificazione di strutture non sanitarie (superfici, ambienti interni) e abbigliamento.
Data ultimo aggiornamento: 19 ottobre 2020
Fonte: Ministero della Salute
Se fino a qualche mese fa il lavoro agile, introdotto a livello normativo nel 2017, era diffuso solo in poche aziende, con l’emergenza COVID-19 e diventando “strumento funzionale al contenimento del contagio” è “letteralmente dilagato, ponendo questioni di non poco conto a livello giuslavoristico e sul piano della gestione delle risorse umane”.
Nell’articolo ci soffermiamo sui seguenti argomenti:
- Le differenze tra smart working ordinario ed emergenziale
- Il lavoro agile e la tutela della salute e sicurezza
- Lo smart working e la necessità di un punto di equilibrio
Le differenze tra smart working ordinario ed emergenziale
Alessio Giuliani dopo aver fatto una ricognizione delle principali disposizioni normative che si sono susseguite nel corso degli ultimi mesi e aver ricordato che al lavoro agile fa riferimento anche il Protocolli condiviso sottoscritto da Governo e Parti sociali, si chiede se il lavoro agile che oggi si sperimenta sia quello disciplinato dalla normativa d’origine o sia qualcosa di nuovo.
E quest’ultima conclusione “risulta essere la più convincente”.
A questo proposito il contributo considera vari elementi:
- l’alternanza tra momenti di lavoro smart e presenza presso la sede lavorativa: se la legge del 2017 precisa che “debba essere prevista un’alternanza tra fasi di svolgimento del lavoro a distanza e un rientro del lavoratore in sede per confronto diretto con i superiori, esercizio dei suoi diritti sindacali e, più in generale, favorire la socializzazione con i colleghi”, attualmente “il rientro in ufficio è contingentato proprio alla luce delle disposizioni di carattere generale”.
- una seconda caratteristica distintiva del lavoro agile è nel rendere una “prestazione lavorativa in un arco temporale definito (l’orario di lavoro giornaliero) senza vincoli né di tempo, alternando periodi di lavoro a pause, né di luogo, potendosi svolgere tendenzialmente ovunque”. E, in questo senso, lo smart working si distingue bene dal telelavoro che “prevede una postazione fissa e generalmente ritmi di lavoro predefiniti”. Tuttavia “le limitazioni alla mobilità, soprattutto nella fase che va dall’8 marzo al 3 maggio, hanno di fatto avvicinato lo smart working al telelavoro: lo svolgimento dell’attività lavorativa presso la sede aziendale da regola è diventata eccezione”.
- un’altra differenza tra il regime dell’emergenza e il regime ordinario è rinvenibile nella “natura dell’atto attraverso il quale si stabilisce lo svolgimento del rapporto di lavoro in modalità agile. Prima un accordo ‘di agilità’, ora un atto unilaterale, detto ‘regolamento di agilità’”.
- l’autore si sofferma poi sulla ratio dell’istituto. Se per la legge n. 81/2017 “coincide con le finalità di efficientare il sistema produttivo, ridurre tempi di spostamento e di conseguire un tendenziale bilanciamento tra vita privata e vita lavorativa”, nella fase attuale l’obiettivo primario dello smart working è quello di “ridurre la circolazione delle persone e scongiurare una nuova ondata epidemica”.
In definitiva più che di lavoro agile, per questo smart working emergenziale “potrebbe parlarsi di lavoro da remoto, in virtù del fatto che la libertà di scelta del luogo di lavoro ha ceduto il passo all’obbligo di svolgerlo dal luogo di residenza o di domicilio, quale ‘luogo necessitato’”.
Il lavoro agile e la tutela della salute e sicurezza
Il contributo riporta poi le implicazioni del lavoro agile sul piano della tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Se rispetto allo smart worker il datore di lavoro “assume una posizione dai contorni ‘più sfumati’, non risulta così immediato cogliere le implicazioni delle più recenti disposizioni normative sul piano della sicurezza sul lavoro, in quanto le norme emergenziali si limitano a contemplare la duplice deroga relativa alle previsioni sugli accordi individuali e sugli obblighi informativi e, al contempo, impongono comunque il rispetto dei principi dettati dagli articoli da 18 a 23 della legge n. 81/2017”. Vale a dire prescrizioni a tutela della salute e sicurezza che sono evidentemente “impegnative”.
Si ricorda che sul datore di lavoro “grava l’obbligo di garantire la tutela della salute e sicurezza anche qualora la prestazione lavorativa sia resa in modalità agile, e lo stesso lavoratore è tenuto a partecipare all’implementazione della strategia prevenzionistica, seguendo la logica della sicurezza partecipata su cui si impernia il T.U. n. 81/2008 (ai sensi dell’art. 22); altresì è prevista la responsabilità datoriale per la sicurezza degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore (delineata dall’art. 18)”. E alcuni “autorevoli esponenti della dottrina hanno prospettato un’estensione ex lege delle garanzie previste per il telelavoro, il cui punto di riferimento normativo è nell’art. 3, comma 10, del T.U.”. In tale articolo del D.Lgs. 81/2008 si fa riferimento, tra le altre cose, all’osservanza della “disciplina in materia di attrezzature munite di videoterminali (presente nel Titolo VII) e, della disciplina del Titolo III se le attrezzature sono fornite dal datore di lavoro; all’obbligo di informare i lavoratori sulle politiche aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro” e sulle possibilità di accesso al luogo di lavoro. Un’interpretazione estensiva che, tuttavia, “senza un intervento ad hoc del legislatore, non sembra prospettabile”.
In ogni caso è fuor di dubbio che “il ricorso allo smart working (quando non obbligatorio) vada privilegiato laddove non sia possibile garantire né l’utilizzo di adeguati dpi né il distanziamento sociale, concependolo come ‘misura di natura organizzativa da utilizzare in chiave di sicurezza’”.
Lo smart working e la necessità di un punto di equilibrio
In definitiva, sottolinea l’autore, “è evidente come alcuni paradigmi classici dell’organizzazione aziendale siano ormai superati. E, di fatto, le aziende che hanno giocato d’anticipo, o che si sono avvicinate in modo più repentino a nuove modulazioni degli orari e a concepire nuove organizzazioni degli spazi di lavoro, in qualche modo sembrano incarnare la ratio alla base della legge n. 81/2017, ossia l’esigenza di contemperamento tra sfera professionale e sfera personale dei lavoratori”.
Il lockdown ha poi impresso “un’ulteriore accelerazione all’evoluzione dei caratteri propri del rapporto di lavoro subordinato”. Si ridimensiona il “tradizionale inquadramento come messa a disposizione di energie lavorative sottoposte al potere di eterodirezione datoriale” e il lavoro assume sempre più le fattezze di una ‘serie di prestazioni di risultato’”.
Tuttavia va posta in primo piano “l’esigenza di individuare un punto di equilibrio tra, da un lato, la “tutela della salute pubblica e accesso ai servizi essenziali”, e, dall’altro, la “salvaguardia del mercato di lavoro, con un ruolo preponderante assunto dall’apprestamento di incisive tutele giuslavoristiche”.
E appare cruciale – conclude l’autore - che nei prossimi mesi “si pongano le premesse per la transizione da una disciplina del lavoro agile emergenziale ad un ripensamento del corpus normativo standard, che tuttora vede la legge n. 81/2017 come punto di riferimento”. E si auspica, in parallelo, una “presa di coscienza circa le opportunità che si profilano per entrambe le parti del rapporto di lavoro”: da un lato “efficientamento organizzativo e contenimento del costo del lavoro” e dall’altro “conseguimento di un nuovo bilanciamento tra esigenze lavorative ed esigenze familiari”.
Rimandiamo in conclusione alla lettura integrale del saggio, che riporta in dettaglio le fonti e le citazioni utilizzate, e alle novità in merito alle possibilità di lavoro agile contenute nel decreto-legge 8 settembre 2020, n. 111.
Tiziano Menduto
Scarica la normativa di riferimento in materia COVID-19:
La centralità di formazione ed informazione per la sicurezza sul lavoro nelle aziende costituisce il tema di questa sentenza della III Sezione penale della Corte di Cassazione alla quale è ricorso il datore di lavoro di un’impresa di trasporti che ha impugnato una sentenza che lo aveva condannato per l’infortunio occorso a un autista suo dipendente.
L’infortunio si era verificato in occasione del trasporto da parte dello stesso di un silos assicurato a un camion con alcune cinghie allorquando, salito sul pianale del veicolo per recuperare una cinghia mal posizionata aggrappandosi a una traversa della struttura del mezzo, ha perso la presa e è caduto da una altezza di circa un metro riportando la frattura della tibia per essere rimasto un piede incastrato fra il pianale del veicolo e il basamento del silos.
La Corte di Appello aveva individuato l'obbligo informativo omesso nelle caratteristiche strutturali del veicolo che era privo di una scaletta per salire sul pianale e nel fatto che il silos trasportato occupava quasi interamente il cassone tanto da richiedere quel tipo di ancoraggio, pertanto aveva individuato un nesso causale fra tali omissioni e l’evento infortunistico.
Una adeguata formazione e informazione del lavoratore sui rischi connessi al trasporto di un carico delle dimensioni di quello presente sull'autocarro e sul corretto comportamento da tenere per svolgere la propria attività avrebbero certamente consentito, secondo la suprema Corte, di evitare la caduta del lavoratore dal pianale del mezzo e quindi di evitare l’evento infortunistico.
Il fatto, la condanna, i ricorsi e le motivazioni
La Corte di Appello, provvedendo a seguito del rinvio disposto dalla Quarta Sezione della Corte di Cassazione sulla impugnazione proposta da un datore di lavoro nei confronti di una sentenza del Tribunale, con la quale lo stesso era stato condannato alla pena di due mesi di reclusione e al risarcimento dei danni in favore della parte civile, in relazione al reato di cui all'art. 590, commi 1, 2 e 3, cod. pen., in relazione all'art. 583, comma 1, n. 1, cod. pen.,, ha confermata la sentenza impugnata, condannando l'imputato al pagamento delle ulteriori spese del procedimento e di quelle sostenute nel grado dalla parte civile. L’imputato ha proposto ricorso per cassazione anche nei confronti di tale ulteriore sentenza affidando lo stesso a due motivazioni.
Con il primo motivo si è lamentato in merito alla affermazione della sussistenza di una sua condotta colposa e della configurabilità di una relazione causale tra essa e l'evento. Lo stesso ha sottolineato infatti la mancata individuazione da parte della Corte di Appello dei contenuti della formazione che avrebbe dovuto essere somministrata al lavoratore infortunato e della relazione causale tra l'eventuale omissione della stessa e l'evento, specificazione che era stata richiesta espressamente dalla sentenza di annullamento con rinvio tenendo conto del fatto che l'evento si era verificato in occasione del trasporto da parte dell’autista di un silos assicurato al camion con alcune cinghie e che, dovendo recuperare una cinghia mal posizionata, era salito sul pianale del veicolo e aveva perso la presa cadendo da una altezza di un metro circa riportando la rottura della tibia a causa del fatto che un piede era rimasto incastrato tra il pianale del veicolo e il basamento del silos.
La Corte di Appello, ha evidenziato ancora il ricorrente, aveva individuato l'obbligo informativo omesso nelle caratteristiche strutturali del veicolo e nell'uso delle scarpe rigide, che, però, non erano stati oggetto di prescrizione neppure da parte degli organi accertatori, essendo emerso che l'automezzo aziendale usato dall'autista era conforme all'impiego previsto (non essendo stata rilevata alcuna violazione per la mancanza sullo stesso di una scala) e non essendo stata impartita alcuna prescrizione per il fatto che il silos trasportato occupava quasi interamente il cassone.
Nonostante ciò la Corte di Appello, ha evidenziato il ricorrente, aveva ribadito l'affermazione di responsabilità, senza tener conto del fatto che il documento di valutazione dei rischi era stato sottoscritto dall'infortunato all'atto della sua assunzione, allorquando gli erano stati consegnati i dispositivi di protezione individuali ed era stato sottoposto al corso di formazione generica sulla sicurezza del lavoro, evidenziando anche possibili situazioni di rischio nella movimentazione manuale dei carichi e dei mezzi, da cadute a livello e in altezza, e dando atto della conoscenza da parte del lavoratore dei mezzi e dei materiali d'uso. Risultava quindi mancante l'individuazione da parte dei giudici del rinvio della regola cautelare violata e della relazione causale tra la stessa e lo specifico evento realizzatosi, benché ciò fosse stato oggetto dell'accertamento loro demandato con la sentenza di annullamento.
Con il secondo motivo il ricorrente ha lamentato che non era stata considerata l'avvenuta formazione del lavoratore infortunato attestata dal certificato sottoscritto da tutti i dipendenti dell'impresa da cui si ricavava, tra l'altro, che l’infortunato aveva frequentato il corso di formazione sulla sicurezza del lavoro. Il ricorrente ha eccepito inoltre l'inattendibilità e la inverosimiglianza del fatto che l’attestazione riguardante la formazione sarebbe stata sottoposta al lavoratore per la sottoscrizione mentre era ricoverato in ospedale dopo l'infortunio, essendo emerso ciò da dichiarazioni inverosimili rese dallo stesso lavoratore che era un soggetto interessato in quanto costituitosi parte civile.
Le decisioni della Corte di Cassazione
Il ricorso è stato ritenuto infondato nel suo complesso. Con riferimento alla lamentela che la Corte di Appello era incorsa nell’errore di ritenere che vi era stato un difetto di formazione e di informazione perché il lavoratore si era infortunato, con la conseguente necessità di un nuovo accertamento della ricorrenza degli elementi indefettibili dell'imputazione colposa dell'evento, la Corte di Cassazione ha precisato che tale accertamento era stato compiuto dai giudici del rinvio, che hanno ravvisato una relazione causale tra l'accertata mancata formazione del lavoratore infortunato in ordine alle cautele antinfortunistiche e, in particolare, in ordine alla condotta da tenere per assicurare il carico e per recuperare una delle cinghie utilizzate a tale scopo.
La Corte di Appello, ha inoltre osservato la Sez. III, dopo aver riportato le modalità di verificazione dell'infortunio, ha, anzitutto, escluso che la condotta dell'infortunato potesse essere ritenuta abnorme o esulante dalla sue mansioni, essendo, anzi, prevedibile, rientrando l'operazione di ancoraggio e messa in sicurezza del carico da trasportare nelle sue mansioni e ha poi sottolineato che il lavoratore non aveva frequentato alcun corso di formazione o di sicurezza, in quanto il personale della ASL. non aveva rinvenuto alcun documento attestante l'avvenuta formazione essendo stato fatto sottoscrivere dal lavoratore, in realtà, dopo l'infortunio, mentre si trovava ricoverato in ospedale. Ha sottolineato inoltre il fatto che l'autocarro sul quale era stato caricato il silos era privo di scala di accesso al pianale e anche di idonei punzoni per bloccare il container ai quattro angoli una volta posato sul cassone.
E' stata, quindi, sottolineata la evidente relazione causale tra la mancata informazione del lavoratore, in ordine alle modalità esecutive per assicurare quel genere di carichi da trasportare al veicolo in dotazione e l'infortunio, in quanto il carico, per le sue dimensioni, richiedeva accorgimenti specifici, essendo impedito l'uso delle sponde di protezione e anche l'accesso al cassone in condizioni di sicurezza, cosicché salire sul bordo del cassone con scarpe rigide, aggrappandosi a una traversa della struttura, aveva determinato il pericolo di perdita dell'equilibrio, poi verificatasi, con la conseguente caduta del lavoratore.
Si è trattato quindi, secondo la Cassazione, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, di motivazione idonea a evidenziare sia la condotta doverosa omessa, e cioè l'adeguata formazione del lavoratore in ordine al pericolo derivante dal trasporto di un carico del genere di quello presente sul cassone del camion aziendale in occasione dell'infortunio, che richiedeva di essere assicurato con cinghie, che non potevano essere recuperate se non con una manovra pericolosa, ovverosia salendo sul pianale dell'autocarro senza l'ausilio di una scala, non essendo state rinvenute tracce documentali di alcuna formazione, sia a evidenziare la relazione causale tra la stessa e l'infortunio, essendo stato chiarito come una adeguata formazione e informazione del lavoratore sui rischi connessi al trasporto di un carico delle dimensioni di quello presente sull'autocarro avrebbero consentito di evitare l'evento.
Ne è conseguita, ha sostenuto la Sez. III, l'infondatezza dei rilievi sollevati con entrambi i motivi di ricorso, in quanto i giudici del rinvio, ottemperando a quanto indicato nella sentenza di annullamento, hanno individuato sia la condotta doverosa omessa dall'imputato che la necessaria relazione causale tra la stessa e l'evento, la cui verificazione è stata ritenuta riconducibile alla inadeguata formazione del lavoratore sulla condotta da tenere nelle operazioni di assicurazione del carico, che avrebbe potuto essere evitate se lo stesso fosse stato reso edotto dei pericoli connessi al fatto di salire sul pianale in condizioni di equilibrio precario, senza punti di ancoraggio e con scarpe rigide, una delle quali si era incastrata, determinando la gravità delle lesioni.
Non è stata riscontrata, inoltre, alcuna violazione dei criteri di valutazione della prova o illogicità manifesta nella considerazione delle dichiarazioni della persona offesa, ha così concluso la Corte di Cassazione, essendo stato sottolineato, in modo pienamente logico, che non vi erano ragioni di sorta per ritenere falso quanto dallo stesso dichiarato (a proposito della sottoscrizione della attestazione di partecipazione al corso di formazione in data successiva all'Infortunio, addirittura mentre si trovava ricoverato in ospedale dopo la caduta), cosicché, anche sotto tale profilo, i rilievi sollevati dal ricorrente sono risultati infondati. Il documento sottoscritto dal lavoratore, inoltre, privo di data e allegato in copia al ricorso, è risultato, come rilevato anche dai giudici di merito, del tutto generico, facendo riferimento alle possibili situazioni di rischio nelle fasi di movimentazione manuale dei carichi, cosicché da esso non è stato possibile ricavare una adeguata formazione del lavoratore sui rischi connessi alla necessità di assicurare carichi del genere di quello trasportato in occasione della verificazione dell'infortunio, cosicché anche sotto questo profilo devono essere esclusi vizi della motivazione o travisamenti delle prove.
A seguito del rigetto del ricorso quindi la Corte di Cassazione ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese del grado in favore della parte civile, che ha liquidate in complessivi 3.000 euro oltre agli accessori di legge.
Fonte: Puntosicuro.it
Il 29 giugno il presidente Attilio Fontana ha firmato l’Ordinanza n. 573, che integra le misure approvate dal DPCM dell’ 11 giugno 2020.
Le disposizioni dell’Ordinanza n. 573 di Regione Lombardia sono valide da mercoledì 1° luglio fino a martedì 14 luglio 2020 compreso, salvo dove diversamente indicato.
L’Ordinanza 579 del 10 luglio conferma la ripresa degli sport di contatto, di squadra e individuali a partire da sabato 11 luglio.
Lo svolgimento deve comunque avvenire nel rispetto delle disposizioni riportate all’interno dell’Allegato 1 dell’Ordinanza 579, che resteranno valide fino a venerdì 31 luglio 2020.
In particolare, si stabilisce che:
l’accesso alla sede dell’attività sportiva può avvenire soltanto in assenza di sintomi (es. febbre, tosse, difficoltà respiratoria, alterazione di gusto e olfatto) al momento dello svolgimento dell’attività e nei tre giorni antecedenti;
all’ingresso deve essere rilevata la temperatura corporea: in caso di temperatura maggiore di 37.5 °C l’accesso non sarà consentito;
deve essere mantenuto, per almeno 14 giorni, un registro dei presenti nella sede dell’attività di allenamento o della competizione sportiva.
ATTIVITÀ CONSENTITE DAL 1° LUGLIO
Ripresa delle manifestazioni fieristiche e dei congressi, così come disciplinato dall’art.21 della Legge Regionale 6/2010 ‘Testo unico delle leggi regionali in materia di commercio e fiere’.
Consentite saune e bagni turchi all’interno dei centri benessere, servizi alla persona e strutture ricettive previa prenotazione con uso esclusivo e purché sia garantita aerazione, pulizia e disinfezione prima di ogni ulteriore utilizzo.
Ripresa dei corsi di formazione e aggiornamento per veterinari.
RIPARTONO DAL 10 LUGLIO
Le attività di ballo in discoteche, sale da ballo e locali simili all'aperto.
RIPARTONO DALL' 11 LUGLIO
Gli sport di contatto, di squadra e individuali, nel rispetto delle disposizioni dell’Allegato 1 dell’Ordinanza 579.
MISURE DI SICUREZZA ATTENUATE PER:
Centri estivi,
Piscine condominiali,
Rifugi alpinistici ed escursionistici.
L'Ordinanza n. 573 del 29 giugno conferma, fino al 14 luglio, l’obbligo di indossare mascherine o qualsiasi altro indumento a protezione di naso e bocca, anche all’aperto, tranne nel caso di intense attività motorie o sportive. Nei cinema, arene, anfiteatri all'aperto non sarà obbligatorio tenere la mascherina durante lo svolgimento delle rappresentazioni. Resta comunque obbligatorio portare la mascherina dall’ingresso fino al raggiungimento del proprio posto e ogni qualvolta ci si allontani dallo stesso, incluso il momento del deflusso verso l’uscita.
Le attività economiche e produttive sono consentite a condizione che si rispettino i contenuti dei protocolli o delle linee guida Inail allegati o citati nel DPCM dell’11 giugno. Il mancato rispetto dei protocolli o delle linee guida determina la sospensione dell’attività fino al momento in cui vengono ripristinate le condizioni di sicurezza.
L’Ordinanza Regionale n. 573 conferma, fino al 14 luglio, le prescrizioni e raccomandazioni già previste per i datori di lavoro dai precedenti provvedimenti, tra cui gli obblighi di misurare la temperatura di tutti i dipendenti, comunicare tempestivamente i casi sospetti all’ATS di riferimento, e la raccomandazione di scaricare e utilizzare l’app “AllertaLom” compilando il questionario “CercaCovid”.
La misurazione della temperatura dei clienti / utenti è fortemente raccomandata, mentre diventa obbligatoria in caso di accesso ad attività di ristorazione con consumazione al tavolo e per l'accesso ai parchi tematici, faunistici e di divertimento.
Qui l’elenco completo delle attività soggette al rispetto delle misure contenute nelle corrispondenti schede dell’allegato 1 dell’Ordinanza n. 573 ‘Linee guida per la riapertura delle attività economiche, produttive e ricreative’:
Ristorazione
Stabilimenti balneari e spiagge
Attività ricettive e locazioni brevi
Strutture ricettive all’aria aperta (campeggi e villaggi turistici)
Rifugi alpinistici ed escursionistici ed ostelli per la gioventù
Acconciatori, estetisti, tatuatori e piercers, centri massaggi e centri abbronzatura
Commercio al dettaglio in sede fissa e agenzie di viaggi
Commercio al dettaglio su aree pubbliche (mercati, fiere, sagre, posteggi isolati e attività in forma itinerante)
Uffici aperti al pubblico
Piscine
Palestre
Manutenzione del verde
Musei, archivi e biblioteche e altri luoghi della cultura
Attività fisica all’aperto
Noleggio veicoli e altre attrezzature
Informatori scientifici del farmaco e vendita porta a porta
Aree giochi per bambini
Circoli culturali e ricreativi
Formazione professionale
Spettacoli
Parchi tematici, faunistici e di divertimento
Servizi per l’infanzia e l’adolescenza
Professioni della montagna
Guide turistiche
Impianti a fune e di risalita ad uso turistico, sportivo e ricreativo
Strutture termali e centri benessere
Sale Slot, Sale Giochi, Sale Bingo e Sale Scommesse
Congressi e manifestazioni fieristiche di cui all’art. 121 della L.R. 6/2010
Discoteche e sale da ballo
Sport di contatto e squadra.
Per tutti gli aspetti non diversamente disciplinati dall’ Ordinanza regionale n. 573 e dall' Ordinanza regionale n. 579, rimane valido quanto previsto dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’11 giugno 2020, anche in riferimento ai protocolli ed alle linee guida da esso allegati o citati.
Le misure di sicurezza previste dall’Ordinanza regionale n. 538 relative al trasporto pubblico cessano di essere valide dal 22 giugno 2020, così come disposto dalla Ordinanza n. 569 firmata dal presidente Attilio Fontana il 19 giugno 2020. Restano comunque efficaci le disposizioni nazionali vigenti nel settore dei trasporti e della logistica e in materia di trasporto pubblico.